SI FA PRESTO A DIRE AMICIZIA

L’amicizia dovrebbe essere la libertà di condividere momenti belli e brutti senza paura del reciproco giudizio

Oggi è un giorno grigio e freddo qui a Firenze, è un momento favorevole per parlare di amicizia. Il concetto di amicizia, come quello di amore, sono quei “concetti ideali” che consentono di affrontare la vita nel bello e nel cattivo tempo. Ho sempre cercato di coltivare tutte quelle persone, di qualsiasi età, sesso e nazionalità, che condividessero: un’affinità elettiva; un guardare le cose/i fatti con gli stessi occhi; un rispetto reciproco con assenza di giudizio e pregiudizio.

Tengo sempre a mente, e riporto qui di seguito, un messaggio di una cara amica che mi scrive: “è bello condividere con te momenti belli e momenti difficili, senza paura del giudizio reciproco. Questa è una libertà di cui possiamo ringraziare solo la nostra intelligenza”.

Dai tempi del liceo, quando la mia migliore amica era la mia compagna di banco, ho purtroppo dovuto accettare che le amicizie si rompono e, quando accade, scoppia una grande sofferenza. Non ci si riconosce più, non si ha più bisogno dell’altro per esistere con la propria identità e tante altre cause.

Dal liceo ad oggi ho avuto tantissime amiche, alcune sono rimaste, altre sono sparite altre, non avendo più bisogno di me, non mi hanno più cercato. Nonostante le normali potature stagionali, non ho più sofferto per la fine di un’ amicizia come mi succedeva ai tempi della scuola. Tutto va nella normale amministrazione della convivenza con gli esseri umani.

Ho comunque perseverato nel credere a questi principi basilari, per costruire un rapporto vero, amore o amicizia che sia:

fare uno sforzo per capire l’altro, senza giudicarlo

aiutarsi e starsi vicino nei momenti duri

sempre in regime di reciprocità

passare del tempo bello insieme in modo spensierato 

Tutto questo finché un giorno, all’improvviso, nell’età che dovrebbe contraddistinguere una certa maturità, mi sono accorta che la mia amica del cuore si era totalmente distaccata da me. Lei amava definirsi “la mia sorella maggiore” . Mia esclusiva confidente, mi ha sempre consigliato su questioni bollenti, è sempre stata al corrente “ in camera caritatis” dei miei segreti più inconfessabili, aveva sempre una parola di incoraggiamento per me, ma riusciva anche a maltrattarmi brutalmente, con parole durissime, quando facevo cose che non riteneva giuste, sempre ovviamente “nel mio bene” come amava ripetere.

Sono sicura che avrà le sue ragioni per non chiamarmi più, per ridarmi indietro regali… io purtroppo non le ho capite e mi sono ritrovata, indietro nel tempo, a soffrirci.

Una mattina d’inverno, la mia amica Claudia, più grande e saggia di me, mi racconta sconvolta un episodio relativo ad una sua carissima amica, nel quale lei si era resa conto ( anche nel suo caso all’improvviso) che la sua amica l’ aveva palesemente tradita. Lei aveva deciso di perdonarla perché, appunto, lei è una donna buona e saggia. Claudia concluse il suo discordo dicendo:

Veronica, si fa presto a dire amicizia !… io adesso faccio molta attenzione ad usare questa parola…”.